Ogni estate, quando verso fine agosto i tramonti si fanno più rossi e freschi, anticipando il cambio di stagione e l'arrivo del tempo più inclemente, si ripete un rituale barbaro sulle aspre Alpi Marittime.
Tra il silenzio della sera in montagna e la compagnia del fuoco che mormora sommesso, gli amici si riuniscono per celebrare la fine di un'altra stagione calda, salutarsi prima di un altra separazione, e fare insieme un po' di strada come ai vecchi tempi, fra le stupende vette che abitano immote quest'angolo di mondo.
Fra di noi chiamiamo questo rito di montagna Wild Lemonade.
Solo una settimana è passata dal mio ritorno dal giro in solitaria dei passi francesi. La moto è in forma, la faccia è tornata a proporzioni umane, e la strada aspetta.
Il programma è quello di ogni anno: si parte per andare a Limone Piemonte, la sera si fa parranda sulle montagne, il giorno dopo si riparte verso qualche passo o posto da vedere, e poi si torna. Quest'anno la destinazione è il passo di Col de la Bonette, la strada più alta d'Europa.
Ci riuniamo sotto casa del Mollin, che farà il suo giro su una splendida Ducati Monster, un animale da tarrello. Ci raggiungono DK col suo Xmax da guerra e Brigg con la sua Yamaha XJ6, smaliziata al punto giusto. Sax ci avrebbe raggiunto quella sera. Quest'anno niente ragazze, niente compagnia numerosa; quest'anno siamo solo noi del clan del Piede.
Partiamo verso il Tunnel del Tenda. La statale 20 ci ha visti crescere, ed è sempre bello percorrerla, e divertirsi fra le gole e i canyon che attraversa.
Prima del tunnel ci prendiamo una pausa.
Dopo il passaggio, saliamo su verso i fortini, ad accamparci. Lasciamo le moto nell'ultimo spiazzo asfaltato mentre contempliamo la Rocca dell'Abisso.
Piano piano cala la sera. Io e Brig montiamo le tende, mentre gli altri due scendono in città a far provviste. Verso Sud questa è la vista.
A nord invece lo sguardo spazia sulle propaggini delle Alpi Marittime e, più in là, sulla pianura piemontese.
Mentre si avvicina l'ora magica del crepuscolo, la luce del sole gioca con il mondo intorno a noi.
Mollin e il Cavaliere Oscuro tornano dalla spesa. Ormai è la sera, accendiamo il fuoco e cominciamo l'abbuffata, aspettando Sax.
Arriva verso le dieci, allucinato e in ipotermia: finito il lavoro, è partito di sera, con il freddo ed il buio. Ha perso la borsa nel tunnel del Tenda, ha spaventato i cervi nei boschi e ha evitato un incontro ravvicinato con lo Slenderman, ma alla fine è arrivato, e la serata migliora.
La luna sorge come un faro: quasi non c'è bisogno delle torce, tanto è chiara la serata. Contemplare l'abisso immerso nella luce lunare è inquietante e affascinante allo stesso tempo.
Calata la luna, ci addormentiamo anche noi. La mattina dopo è chiara e fresca, limpida come l'acqua di montagna.
Da cinque che eravamo, rimaniamo in tre a proseguire verso la Francia. Scendiamo in paese per una colazione. Dopodiché ci salutiamo, un po' a malincuore, ma ripartiamo verso il colle della Maddalena.
Dopo un po' di pianura, ricomincia la salita, mentre giganti di roccia ci guardano noncuranti.
Il colle della Maddalena si estende su un altopiano erboso e aperto.
Passato il confine, comincia la discesa dal lato francese, mentre ci avviciniamo al fondovalle e al Col de la Bonette.
A Jausiers, ai piedi del colle, ci fermiamo a pranzo al bar di un biker attempato e cordiale, che lo gestisce con moglie e figliola. Ripartiamo e cominciamo la salita fra i boschi. Sopra i boschi c'è un pianoro, una prateria ondulata, sulla quale la strada verso la vetta si rincorre ed attorciglia, regalando ad ogni curva brividi di piacere e una vista stupenda sulla vallata che ci stiamo lasciando alle spalle.
Lasciato il vasto pianoro, quando sembra che la strada sia conclusa, ecco apparire la vera vetta: un anello intorno alla cima, una strada sul bordo del baratro, che quasi mi fa tornare bambino, quando soffrivo di vertigini o di mal d'auto e mi saliva il vomito ad ogni curva.
L' "anello" è privo di protezioni, niente ti separa dal fondovalle un km più in basso. Ci fermiamo sulla stretta strada per foto di rito e per scambiarci opinioni sullo splendido tratto percorso. L'unico non contento è Nico: il suo Xmax ha sofferto l'altitudine e non gli ha consentito di farsela ammartello come era suo diritto. Tempo di pensione per il glorioso Bat-Max..
Anche la discesa è splendida. Nel sole del tardo pomeriggio, scendiamo verso una valle stretta e buia, la valle del Thinée.
Panorami mozzafiato anche su questo versante.
Questo inquietante abitato in pietra completamente derelitto era la residenza dei manovali che hanno costruito la strada. Vitaccia..
Dopo la discesa, siamo a valle. Scopriamo di essere a pochi chilometri da Nizza e la costa, e decidiamo di fare una sola tirata e tornare a casa.
Ultimo relax. Nico praticamente già dormiva.
E via per il canyon del Thinée. Corsa euforica verso la costa.
A Nizza per evitare traffico prendiamo la Grande Corniche, alta sul mare, che ci regala la vista della Costa Azzurra incendiata dall'ultimo sole. Correre in zone così belle del mondo è euforia pura, semplicemente.
L'ultima foto è per la scintillante Montecarlo, pronta ad un'altra notte insonne. Noi torniamo a Sanremo. Ci salutiamo, un po' frettolosamente, un po' stanchi.
Torno a casa, è tutto finito un'altra volta.
Ma la sera mi basta scaricare le foto sul pc, e riguardarle, vedere i posti dove sono appena passato, e le facce di chi mi ci ha accompagnato, per capire che non è vero. Niente inizia, e niente finisce; tutto si trasforma, per parafrasare Lavoisier: non siamo più gli stessi, le nostre vite sono cambiate e anche noi, che lo volessimo o no. Ma appena troviamo il tempo per scappare un po', e rifugiarci dove non arriva la voce di nessun altro, scopriamo che sotto la brace il fuoco arde ancora, basta soffiarci sopra soltanto un po', e mai lasciare che si spenga del tutto.
Ike
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