Quando si è dei neofiti nel mondo del
motociclismo e non si ha ben chiaro in mente quello che si vuole
esattamente, le cose da fare sono solo queste: informarsi, studiare
ed infine provare.
Io ho deciso di partire dalle
fondamenta della pratica, una base più comune alle ragazze che ai
maschietti, ma ritengo che sia comunque importante in questo percorso
che sto tentando di avviare: la cosiddetta "arte della zavorra".
Sicuramente guidare il proprio mezzo è
tutt'altra cosa, tuttavia ritengo che stare a bordo in qualità di
passeggero faccia imparare e capire molte informazioni che saranno
preziose una volta che guiderò il mio futuro ferro; avrò più
chiaro cosa fare e cosa non fare e sopratutto saprò che regole
impartire a chi siederà dietro di me un domani.
Innanzitutto da cosa si impara? Dalle
critiche (se sono costruttive tanto meglio).
Ebbene ho sperimentato le mie prime
esperienze in qualità di zavorrina in queste belle giornate
soleggiate (ma tremendamente umide) per le strade di Ravenna e Faenza
(per capirci: una è la città famosa per i suoi mosaici e per
l'imperatore Teodorico e l'altra è la città delle ceramiche).
Emotivamente parlando, fare la zavorrina
per la prima volta è stata un'esperienza che non dimenticherò mai,
a priori non l'avrei detto sebbene i segni d'impazienza fossero più
che evidenti, a scapito, purtroppo, del proprietario della moto.
Immaginatevi un ragazzo di ventiquattro anni, fortunatamente armato
di pazienza e affetto, che si ritrova una lillipuziana rompiscatole
che gli saltella attorno e pigola :<<Dai, dai! Quand'è che
andiamo? Su andiamo? Sei pronto? Andiamo? Andiamo?>> una scena
alla Chiuchino e Shrek per farvi capire.
Alla fine, quando ho ottenuto una
risposta affermativa non ho esitato a trascinare il malcapitato per
un braccio fino al garage e qui è cominciato tutto.
In primis ho affrontato l'imbarazzo del
come montare in sella, imputando la mia impacciataggine al fatto che
ho le gambe corte. Anche lì, con molta pazienza e attesa mi è stato
spiegato che nonostante mi dovessi issare mettendo un piede sulla
pedalina e scavalcando la sella con l'altra gamba, non avrei piantato
un cristo per terra (sì, era quello il mio timore) giacchè la moto
non solo era saldamente sorretta dalla presa del ragazzo, ma per
farmi sentire ancora più sicura aveva fatto scattare il
cavalletto...paranoie femminili... che ci volete fare!
Beh, a quel punto ha dato gas e siamo
partiti. Che emozione! In me lottavano la voglia di urlare e di
ridere a pieni polmoni. Se affermassi che non avevo paura mentirei,
ma al tempo stesso se dicessi il contrario direi comunque una bugia.
Mettiamola così: c'era una giusta dose di paura, quella paura tipica
di quando ci si butta in qualcosa di ignoto, ed ad accompagnarla
c'era l'emozione dell'aver preso coscienza che seppur piccolo, quello
era un passo in avanti verso il mio obiettivo, il mio sogno; e i miei
cinque sensi volevano farmelo presente in tutti i modi. Era
bellissimo sentire l'aria che mi scorreva addosso con forza, mi
piaceva sentire l'odore della benzina e del giubbotto di pelle
mescolati insieme, il rombo del motore e la velocità incalzante
creavano dei picchi di adrenalina incredibili e nella mia mente
vivere quella miriade di sensazioni mentre stavo abbarbicata alla mia
dolce metà aveva un che di romantico.
Certo il momento rosa e fiori non è
durato molto. Lungo la strada abbiamo beccato alcune buche e siccome
gli ammortizzatori non erano al top il mio collo e le mie vertebre
hanno cominciato a giocare a guardia e ladri; altra cosa poco
simpatica: il cambio brusco di marcia, ho temuto che di lì a
poco avrei scorso una bandiera bianca all'altezza del coppino in
segno di resa; tuttavia posso dire che lungo quel viaggio, ogni volta
che buttavo l'occhio sullo specchietto, mi sono trovata sorpresa nel
vedere una ragazza dal volto familiare con un sorriso così
entusiasta, non ricordavo di essermi mai vista con un'espressione
tanto felice.
Una volta giunti a destinazione
smaniavo dalla voglia di togliermi il casco e mettere in parole
quello che provavo, quello che avevo visto, ma neanche il tempo di
smontare che ho ricevuto una bella lavata di capo
<< Ma sei scema?!? >>
<< Perché, cos'ho fatto? >>
volevo sparire e ho cominciato a rimpicciolirmi sempre di più.
<< Prima di tutto: come cavolo ti
sei seduta? >>
<< Ma... ma pensavo di essermi
sistemata bene, cos'ho sbagliato? >> Davvero non capivo.
<< Mi hai fatto letteralmente
sedere sul serbatoio! >>
<< Oh. >> non me n'ero
proprio accorta!
<< Seconda cosa: va bene che vuoi
aggrapparti però dovrei respirare quando guido. >>
Ops!
<< La prossima volta stai
appoggiata allo schienalino e non stare tutta in avanti, che oltre a
quello che ti ho detto prima, ci sono i caschi che cozzano tra di
loro. >>
<<Giusto. >> poi ho
azzardato un << Dai! Però del resto sono andata bene! >>
L'avessi mai detto!
<< No!!! Se io mi piego a
sinistra per curvare tu non ti devi buttare a destra! >>
<< Ma non ne ho fatta nemmeno una
giusta? >>
<< No, e sai un'altra cosa? Non
devi stare così rigida. >>
<< Vabbè, era la prima
volta... >>
<< Non me ne importa un cavolo
se era la prima volta, devi imparare altrimenti dai dei problemi a me
che guido e se succede qualcosa sono cavoli. >>
Forse non ha detto proprio la parola
"cavoli" ma vi lascio immaginare.
Lì per lì ci sono rimasta un po'
male. Certo sapevo di non essere stata la zavorrina perfetta però
non mi aspettavo un'attacco a sorpresa; però col senno di poi non
gli dò torto, mettendomi nei suoi panni posso solo avere una vaga
idea di quanto possa diventare pericoloso e faticoso guidare una moto
se il passeggero non collabora.
Alla fin fine nelle guide seguenti ci
siamo venuti un po' incontro. Lui ha cercato di prendere le curve
molto più dolcemente e mi ha concesso di aggrapparmi all'altezza del
ventre, a patto che non stringessi troppo forte pena: attaccarmi al
serbatoio o qualche altra parte del ferro.
Ammetto che il processo di
miglioramento e adeguamento da parte mia non è stato granché rapido
tuttavia man mano che abbiamo fatto altre guide ho notato dei
cambiamenti. Dapprima sono stata attenta a sedermi correttamente e ad
appoggiare la schiena, (i caschi sbattono ancora qualche volta ma
molto meno rispetto all'inizio) ho anche cercato di stare più
rilassata e bilanciare il mio baricentro quando curviamo. C'è ancora
qualche lamentela sul fatto che sono o troppo rigida o troppo
floscia, tuttavia sono riuscita a strappare un sudatissimo "sì,
un po' sei migliorata" pronunciato a denti stretti.
A parte questo, ho imparato un'altra
manciata di lezioni che terrò a me care:
- Non andare in moto se sei appena uscita mezza sudata dalla palestra. Al diavolo la fretta o la pigrizia, fatti comunque una doccia e asciugati, diamine!
- Non andare in moto a collo scoperto. La somma di questo elemento più il precedente hanno fatto sì che io non potessi più annuire ne' scuotere la testa per tre-quattro giorni (probabilmente mi è andata anche di lusso).
- Mai andare in moto in maglietta a maniche corte e/o pantaloncini. Io non l'ho fatto, ma è comunque un consiglio spassionato che voglio dare: copriamoci, il più possibile. Se proprio non si ha un'abbigliamento da moto mettiamoci dei jeans lunghi e un giubbotto (anche se ci si trova nelle più torride delle giornate fidatevi che una volta che si corre l'aria comincia a farsi più fresca e il giubbotto non farà più un gran caldo). Mi raccomando! Più ci si può proteggere, meglio è. E il casco deve essere della misura giusta, né troppo grande né troppo piccolo e soprattutto abbiate cura che sia ben allacciato!
Io ne ho appena comprato uno nuovo e
dopo aver spulciato in lungo e in largo siti web e negozi di articoli
da moto ho optato per comprare di persona il casco in un negozio che
esiste fisicamente per tre motivi: innanzitutto le taglie spesso
variano di marca in marca. Il casco va assolutamente provato per
capire se è adatto a noi. In secondo luogo non mi fido dei corrieri
che sbatacchiano i pacchi senza riguardo, potrebbe pervenirmi un
casco danneggiato senza saperlo ed è pericolosissimo. Infine non ci
si può fidare mai al 100% dei negozi virtuali, possono sparire da un
giorno all'altro lasciandoci lì come dei fessi.
Tornando ai caschi: per quanto riguarda
la scelta del modello è stata una cosa ardua.
Dal canto mio mi piacciono i jet, ma
non mi fanno sentire sicura. Dando un pugno allo stile custom ho
preferito prendermi un integrale e, a malincuore, ho preferito anche
sacrificare la grafica che piaceva a me preferendo un casco di
qualità ma con un disegno che non mi entusiasma. Ho girato tutti i
negozi della Romagna per soddisfare la mia ricerca ma con risultato
pari a zero; quei pochi modelli che mi piacevano o non erano della
mia taglia o il moroso mi invitava ad escluderli perché erano in
policarbonato e mi ha spiegato che quei caschi in caso d'impatto,
spesso si aprono come delle cozze, quindi abbiamo optato per la fibra
che attutisce gli urti e mal che vada si rovina "per strati".
Finalmente dopo più di un centinaio di
chilometri sono riuscita a trovare un buon casco in un negozio ben
fornito di Modena.
Un AGV , fibra di vetro, taglia perfetta
ed era l'ultimo rimasto, perciò era scontatissimo, ho fatto un
bell'affare. Certo il top sarebbe stata la fibra di carbonio, ma a
quello ci penserò il giorno in cui potrò lasciare 3000 euro per un
casco!
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