Fulvio è sempre in viaggio. I Km iniziano a farsi sentire ma l'ardore e il desiderio di viaggiare sulla sua moto attraverso l'Africa non si affievoliscono. Gli inconvenienti e le disavventure ormai non lo spaventano più.
Cosa succederà in questo capitolo del suo lungo viaggio?
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La Mauritania e il deserto del Sahara
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La Mauritania e il deserto del Sahara
Parto alle prime luci dell'alba pensando a quale frontiera affrontare per entrare in Mauritania, Rosso o Diama? Macino chilometri di asfalto pensando: Diama o Rosso? La frontiera minore, sempre aperta nel parco naturale ma con una strada pessima di sabbia e Tole Ondulé come chiamano qui oppure la strada asfaltata, la frontiera principale aperta solo poche ore al giorno e un sacco di corruzione e problemi? Arrivo al bivio e senza esitare, giro a sinistra, ho anche il copertone nuovo, penso tra me e me, per attraversare la langue de Barbarie e la sabbia senza problemi. Comincio a sentire dei rumori strani, dei toc secchi. Mi fermo a guardare il motore, l’ammortizzatore, la ruota ma non vedo niente di anormale. Riparto, ma appena acquisto velocità, continuo a sentire ogni tanto dei rumori secchi ma non capisco da dove vengano né cosa li provochi. Mi fermo ancora a controllare ma non noto niente di strano e proseguo fino alla frontiera, sbrigo le ultime formalità ed esco dal Senegal senza problemi.
Arrivo al ponte e mi chiedono dieci euro per attraversare. Devo aver fatto una faccia molto cattiva perché immediatamente l’addetto scende a cinque euro. Rimango ancora muto e ci guardiamo negli occhi senza dire niente. Devo veramente pagare oppure questo cerca di fregarmi? Non vedo nessun segno o ingiunzione di pagamento e gli propongo due euro. Subito mi alza la sbarra senza problemi. Ecco, sicuro è riuscito a fregarmi. Entro in Mauritania e devo ancora pagare una tassa d’entrata nonostante abbia tutto in regola. Il funzionario fa abilmente sparire un paio di migliaia di Ouguyia da bravo prestidigitatore burocratico approfittando del cambio e delle monete in eccesso. Faccio un’assicurazione che mi garantisce l'ingresso regolare per dieci euro. Arrivo alla dogana e sul passaporto il poliziotto scrive a penna che sono entrato con una moto. Se la vendo o se mi presento alla prossima frontiera senza di lei mi verranno addebitati duemila euro, molti più del valore della moto.
- "E se mi si rompe o se faccio un incidente?" chiedo al doganiere.
- "Allora la carichi su un taxi, la porti in un posto di polizia o dogana e la regali a loro", mi risponde diretto, "ti daranno un foglio che lo attesta. Un po’ più complicato se te la rubano, la polizia è molto sospettosa".
Accidenti, che rottura di scatole, il legame con la moto diventa ancora più stretto, ora dovrò starci ancora più attento. Tornando alla moto vedo un pezzetto di legno che esce dalla testa del motore, mi avvicino per toglierlo e mi rendo conto che è una libellula morta. Osservo meglio e vedo che ce ne sono altre due, una sulla forcella e una mezza viva sullo zaino. Ecco cos'erano quei toc che sentivo.
Dopo aver pagato la tassa ufficiale d'entrata nel parco, cinque euro, comincio a vedere una miriade di uccelli e lagune. Attraverso un paio di villaggi di pescatori che prendo come riferimento in caso mi succeda qualche cosa.
A mano a mano che entro in Mauritania la pista di terra si trasforma lentamente in sabbia. Le lagune spariscono, le persone sono visibilmente più chiare e i bubu sono pieni di ‘broderies’.
Ripenso al copertone con i tasselli e ai soldi spesi bene: Bravo Leopold! La sabbia si fa più profonda ma continuo a guidare veloce sui 70 km/h (che per me sono un po’ il limite massino sulla sabbia) galleggiando tra un solco e l’altro simulando di correre sulla Parigi-Dakar fino a che una scarica d’adrenalina mi fa temere il peggio.
All'improvviso la moto comincia a ondeggiare incontrollata a destra e sinistra peggio di un cavallo imbizzarrito pronto a disarcionarmi. Stringo le gambe, afferro le manopole con tutta la forza che ho e riesco a riprenderla appena in tempo prima di perdere il controllo totale e cadere di lato praticamente da fermo, meno male senza nessun danno.
Arrivo alle tre del pomeriggio in capitale e mi rendo conto che a Nouakchott ci sono pochissime moto e nessun meccanico che ne capisca qualcosa. Ne trovo uno che si rivela un filibustiere, si limita a tendere la catena, un po’ troppo per i miei gusti e cambiarmi di nuovo l'olio, non sono sicuro che ne troverò nei prossimi 2500 Km.
Sono le quattro e mezza, il buon senso mi consiglierebbe di fermarmi qui, ma decido di continuare ugualmente, la moto fa uno strano rumore, la catena è tesissima, e la ruota mi rendo conto che è un po’ storta. Cerco di allentarla ma quel maledetto meccanico ha stretto troppo le viti. Mi fermo in un villaggio e una signora mi propone di dormire in una delle sue camere per 8000 Ouguya, gliene propongo 4000 (11 euro) e accetta subito. Ecco che mi sono fatto fregare un’altra volta. Dopo una mezz'oretta torna il marito dalla pesca su un vecchio Mercedes. Purtroppo tra i suoi utensili ha un cacciavite senza manico e due chiavi spanate, proviamo lo stesso a svitare ma senza nessun successo. Oramai è notte, l'unico meccanico è a Nouakchott e di fronte a me comincia il deserto.
Continuare o fermarsi qui?
Tra mille pensieri vado a dormire. Non riesco a prendere sonno, ma non perché dorma su un bel tappeto e un cuscino ricamato o perché fuori tiri un vento fortissimo che fa sbattere qualsiasi cosa e sibila tra le capanne.
Ripenso e analizzo i problemi che ho, si riducono principalmente a tre: la catena è veramente tesa e mi da l’impressione di rompersi da un momento all’altro, la moto scoppietta e non riesco a superare i sessanta all’ora contro vento e soprattutto il wosh-wosh è peggiorato.
Beh, sono arrivato fino a qui, quasi 2500 km fatti e davanti a me altrettanti di deserto. Nella mente balena sempre più l'idea di tornare a Nouakchott, donare la moto alla dogana e tornare in aereo.
Mi sveglio alle sei come di consueto e controvoglia riprendo la strada per Nouakchott senza superare i quaranta all’ora. Ungo per bene con la catena ma sento che la moto non avanza bene. Come capitale mi sembra proprio bruttina, ma ho letto sulla guida che il mercato del pesce vale la pena di essere visitato. Vado verso quello che penso essere il mare e mi immetto nel flusso cittadino. Taxi e macchine ne vedo tante ma non incrocio nessuna moto, se non un paio di motorini stravecchi. Mentre oramai la mia mente non pensa più a niente e guido in automatico, improvvisamente vedo degli scooter e due quad parcheggiati. Trovo un giovane meccanico che con gli attrezzi giusti mi pulisce il filtro (come non ci avevo pensato prima!) e mi dice che i denti del pignone sono sempre più piccoli e anche la corona dietro dovrebbe essere cambiata. Anche il disco avanti comincia a rigarsi, dovrei cambiare le pastiglie. Insomma, sono senza denti e mi servono due corone, sembra quasi una sentenza del dentista. La catena pero non gli pare rovinata o che si debba spezzare da un momento all’altro come io temevo.
Insomma, mi dico che visto che non ci sono problemi, la catena non è ancora rotta, sembra che niente mi impedisca di attraversare il deserto, meglio continuare. Sì, in fondo perché lasciarsi abbattere per un problema che non c’è ancora? Continuerò. Andrò fino in fondo, fino a dove mi porterà la moto, mal che vada mi maledirò ancora una volta pensando a quanto sono stato imprudente.
Alle undici esco di nuovo da Nouakchott, fiducioso e ottimista. Ho finito i fogli per le fiches, ma sicuro che ne troverò più avanti. Ritorno all'ottantesimo chilometro, e ricordandomi del marito pescatore giro verso il mare che sta a meno di cinque chilometri, vedo il villaggio dei pescatori in lontananza e mi insabbio varie volte per cercare di raggiungerlo. Nonostante il copertone da sabbia, la moto rimane comunque una moto da strada.
Poco a poco mi ritorna il buonumore e contro ogni buonsenso decido di fare la strada delle maree. Fino a qualche ora fa pensavo di non sforzare la catena, ed eccomi adesso che la strapazzo di nuovo come se niente fosse. Chissenefrega se si spacca, per lo meno sarà mentre sto andando a manetta sulla sabbia felice come un bambino!! Come poi riuscirò a cavarmi d’impiccio in caso di problema non m’interessa più.
Già, la mitica strada delle maree che ho letto su internet e mi ha fatto tanto fantasticare anche il dettaglio che diceva usata da contrabbandieri e senza nessun posto dove trovare benzina o dormire, da farla in completa autosufficienza. Non è proprio una strada e neanche una pista, ma solo una spiaggia di trecento chilometri che attraversa il Banc d’Arguin, tra Nouakchott e Nouadhibou che si può fare solo mentre la marea si abbassa e lascia il bagnasciuga compatto. La marea è alta e sta scendendo proprio adesso, la battigia si sta compattando piano piano, arrivo al momento perfetto. Ingrano la prima e con qualche difficoltà, aiutandomi con i piedi acquisto finalmente abbastanza velocità per galleggiare sulla sabbia, infilare due marce in più e far scendere la lancetta dei contagiri un po’ sotto la zona rossa.
L'atlantico a sinistra, il Sahara a destra.
Centinaia di uccelli che svolazzano intorno, o che scappano correndo o volando via appena sentono il rombo del motore di un guastafeste. Devo tenere su di giri il motore e sento che si sta surriscaldando per mantenere una velocità costante e non affondare nella sabbia. Dopo venti minuti che mi sembrano un'ora, vedo sul contachilometri che ho percorso solo otto Km. Non ci posso credere che vada così piano, nonostante tutto non riesco mai a mettere la quarta e superare i quaranta chilometri orari. Se sto sulla battigia la moto affonda, se vado verso il mare l’acqua non solo mi schizza tutta la moto ma mi frena e destabilizza un poco. Non riuscirò mai a percorrere i trecento chilometri in un giorno a questo ritmo e la benzina non mi basterà per due giorni.
Decido di ritornare sull'asfalto. Pazienza, almeno per mezz’ora ho sognato e provato l’ebbrezza della libertà totale. Riprendo la statale e finalmente entro nel deserto, così quasi per caso.
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