Sanremo Motor Bike Show, seconda edizione.
Mi sa che non è un caso se due volte faccio un articolo su questa manifestazione, e due volte lo apro con una foto di una creazione di Mom's Worry.
Coincidence? I think not.
Se c'è qualcosa di buono di una fiera del genere, in un posto come il Ponente ligure, è sicuramente l'occasione per molte realtà di questa piccola parte di mondo di condividere qualcosa di onesto e fatto bene.
Molte altre realtà sono invece già affermate, e approfittano di quest'appuntamento per una tripletta di giorni in riva al mare, fra il sole, le palme e i mugugni che solo qui possono trovare.
Dunque con gli amici della CDR andiamo nella giornata di sabato a dare un'occhiata alla fiera. Pizza dura, senza paura.
Nicola, titolare della neonata Wayne Custom, sorride sapendo che in teoria non può comprare nulla in fiera.
Appena entrati veniamo accolti da una serie di scatti mozzafiato di Marco Frino, che senza vergogna né copyright infringement intended fotografo a mia volta.
Le foto sono di un evento molto bello, per location e motociclette, tenutosi in cima a Campo Imperatore lo scorso luglio, organizzato da vari personaggi storici e noti della scena custom romana.
Di quest'evento avreste potuto anche leggere un bel reportage su questo sito, se la batteria della mia moto non avesse deciso di stramazzare morta al casello dell'Aquila (questa mi sa l'ho scritta da qualche altra parte, para para, non ricordo dove).
Altro scatto leggendario, quello di Irving Penn agli Hells Angels di Oakland.
Spettacolari poster di film brutterrimi ma fondamentali se volete vedere qualche motocicletta davvero illegale.
A proposito, ma non era "Hells Angels 69"? O in Italia uscì un anno dopo? O magari era il sequel. "Hells Angels 69 II: la Vendemmia".
Uno dei primi stand è quello di Monster Cycles, officina toscana che piazza un paio di motocicli piuttosto ispirati.
Il primo è uno Sporty rigido, psichedelico e selvaggio. Il motore è arricchito di alcuni dei pezzi di EMD, dal design ribbed.
L'altra è un Triumph dal sapore più classico ma non meno efficace.
Il motore viene da un Bonneville del 1971, il cui telaio viene modificato con la saldatura di una coda rigida. Rimane la splendida culla single-loop davanti.
Leva del cambio ricavata da una chiave inglese.
Nutro un'attrazione quasi fisica per l'ondina finale dei parafanghi Wassell o simili.
Splendida linea, e particolari di gusto, come (tra le altre cose) la flangia del filtro aria che replica la flangia dei collettori di scarico.
Ad allungare la lista dei nomi di un certo spessore, quest'anno viene anche il Blaster, a dispensare pennellate e cultura kustom.
Su un cofano di un maggiolino da drag stende qualche linea di pinstriping e, successivamente, anche della foglia d'oro.
Il lavoro finito.
La maestria (e la pazienza, immagino, a girarsi una marea di fiere) di quest'uomo sono eccezionali. Ed i suoi Panhead pure, peccato non averli visti ancora di prima persona. Vi rimando a questa foto e questo ottimo blog se volete vedere l'ultimo che ha fatto.
Svedesissimo.
Musse che pendono dall'alto.
Altre cose notabili in giro.
Questi ragazzi, di cui ignominiosamente non ricordavo il nome, preparano motociclette per essere guidate da disabili o persone affette da handicap motori.
Grazie a Dio ho amici con una memoria migliore, dunque sono in grado di dirvi che sono i ragazzi di Easy Rider Onlus, specializzati proprio nel modificare motociclette per i diversamente abili.
Grazie a Dio ho amici con una memoria migliore, dunque sono in grado di dirvi che sono i ragazzi di Easy Rider Onlus, specializzati proprio nel modificare motociclette per i diversamente abili.
A loro tutto il nostro sostegno e la nostra stima.
Mekka of Choppers diffonde e difende il lato svedese della forza.
Questa in particolare è clamorosa.
Ne presentano una anche in concorso, davvero fenomenale; perfetto misto fra brutalità e raffinatezza evocativa, come spesso solo i chopper svedesi sanno rappresentare.
Ma devo mettere bocca su tutto, e dunque nella mia saccenza (esiste "saccenza"?) dico che mi sarebbe piaciuto il retrotreno più adatto ad accogliere il più classico degli pneumatici da automobile.
Ma tanta roba comunque.
Altri mezzetti niente male nell'area del bike show.
Simpatico sparo da HD Savona.
Questo strafottente chopperino sporty mi colpisce non solo per la garra che srotola sul tappeto, ma anche perché sospetto di averlo già visto da qualche parte.
Ovviamente non ricordo il nome sul cartellino (potrei zoomare sulla foto qui sopra, ma sarebbe barare, o memoria o niente), ma la moto si ammira comunque.
Ma quanto è bello lo Sportster?
Si prosegue in giro.
Questa sotto è davvero onesta.
Bei colori peraltro.
Le forche lunghe tirano vedo.
Moto fantascientifica da quant'è bella, ma non a quel prezzo.
E la colpa ovviamente non è di chi le restaura, ma della logica di mercato che oggettivamente è un po' sfuggita di mano, riguardo a questo genere di ferrivecchi.
Borze spettacolari quelle del Duo Glide comunque.
Anche qualche macchina rasoterra ha il suo perché.
Sparo-Sporty da Greaser Garage.
Una compianta Buell. Un peccato la fine che abbiano fatto, ma forse meglio per la miticità e l'attraenza delle poche rimaste.
Le fiamme sul serbatoio fanno sempre la loro porca figura.
Sulla buona strada.
Ma finalmente arriviamo allo stand di West Coast Liguria, che come l'anno scorso condivide gli spazi con quei matti scalmanati di Ivan di Calavera Leather e Dario Ferruccio (salvatore della mia moto l'estate scorsa) di Mom's Worry.
Nei giorni prima la fiera, Cecco di WCL ha collaborato e partecipato a Garage Guest, programma TV a breve in onda su Nuvolari.
Nell'intervista di cui vedete una foto qui sotto, Cecco ha avuto modo di parlare delle nuove sfide che aspettano la sua attività, e del rinnovato entusiasmo che sta mettendo in questa sua avventura e nella sua arte (alcuni dei suoi primi quadri avete potuto vederli in un'articolo proprio qui), che sappiamo meritare un giusto successo.
Daghe Cecco.
A catturare lo sguardo però è l'ultima nata in casa Mom's.
Se fossimo in America, e stessimo parlando di baseball, probabilmente saremmo anche obesi.
No scherzo, ma se fossimo in America, e stessimo parlando di baseball, diremmo che qui qualcuno ha colpito un homerun con tre basi cariche, al turno d'attacco del nono inning, sotto di tre punti. Qua qualcuno l'ha mandata davvero fuori dallo stadio.
Lo Shovel FLH del 1970 è sparafleshante, è psichedelia su due ruote, Dario ed i suoi ragazzi non si sono davvero risparmiati.
Davanti una girder chilometrica viene raddrizzata a dare quella stance "saltellante" da Custom Chopper #3 (cito a c*zzo eh, ma son sicuro che nel numero 3 di Custom Chopper c'era una roba del genere).
Un rabbit su risers stile flanders piatti, incurvato e rilassato (mica tanto, a sentire Dario il motore, ricostruito per i chilometri e la garra, va come una lippa!).
Il forcellone viene sostituito con il round swinger degli anni precedenti, ma uno dei particolari più allucinanti della moto è il parafango Crazy Frank, la cui storia è piuttosto interessante. Viene recampato da qualche parte nel Belgio, ma è talmente spetasciato da dover essere ricostruito praticamente da zero. Direi che il risultato è più che perfetto. E' aoristo.
E questa, mi rendo conto, è probabilmente la più brutta battuta che ho mai fatto.
Se come me navigate a vista nell'ignoranza, il parafango è chiamato così per il suo creatore, "Crazy" Frank Salcido, storico componente dei Galloping Goose MC, dentro e fuori dalla galera, uno di quei geni (nel senso "francese", di spiriti, ma anche nel senso di persone dotate di genialità) dietro a davvero troppo, di questo mondo di chopper e mito.
Eccolo in azione, nel fiore dei suoi anni e del mito, in sella ad una motocicletta che non può essere realmente soltanto una motocicletta. Non lo sono quasi mai. Se volete saperne di più, vi rimando qui, per non navigare più a vista nell'ignoranza.
Non contento, Dario molda anche il telaio, nella zona dei tubi (dove normalmente ci sarebbero i "sidecar loops" ora ci sono due sataniche pinne), e nella zona cannotto, su cui spicca il coffin tank (anche quello sopravvissuto da un'altra gloriosa epoca).
Spero (e credo, vista la moto) che quel bong non fosse lì solo per bellezza.
La verniciatura viene realizzata da uno specialista di Napoli, Ivan Motta, e il risultato è grandioso. L'effetto marmo viola sciolto liquefatto acido della parte centrale è un capolavoro.
La cover primaria è ricreata sullo stile delle lisce della Paughco. Altro particolare che rende il tutto ancora più tutto (sto gradualmente finendo il mio vocabolario).
Il faro è un antinebbia tipo Hella o simili.
In coppia insieme a lei c'è un'altro shovel, stavolta 1340, appena oscurata dalla sorella ma ugualmente righteous.
Una cosa che ho davvero apprezzato è il fatto che queste due creazioni abbiano entrambe mantenuto il telaio swingarm. Di telai rigidi se ne vedono tanti e fatti benissimo in giro, ma a volte i vecchi forcelloni sono di una semplicità e bellezza imbarazzante.
Lo stile è improntato allo stesso immaginario 70's, ma questa è più discreta e classicheggiante della sorella.
Che dire? "Dopo aver visto questa, me ne posso anche andare a casa".
Io, ci vo cor mi babbo. Deh.
Ed in un'ultima nota, suggerimento su cosa si potrebbe fare con una moto.
Ed in un'ultima ultima nota, belìn.
Ci stava dai, siamo in Liguria.
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