SP #17: Stefano Harry



The Man Behind The Curtain.


Chi di voi legge Lowride, fuori da questo sito.


No, scherzo: chi di voi legge Lowride, saprà quanto è diventata deprimente e imbarazzante la qualità delle moto che pubblicano.



No, scherzo ancora: chi di voi legge Lowride, riconoscerà questa bomba di moto dalla copertina di uno degli ultimi numeri, prova che Roncen si ricorda ancora come sia fatto un chopper*.


Non che noi lo sappiamo, peraltro; ma sappiamo cosa ci piace: i colori brillanti, i suoni acuti, le bolle di sapone, e questo strepitoso Pan S&S.


Rimango folgorato dalla nerezza di questa moto la scorsa estate, fuori da (indovinate?) Marmorata. Chiacchiero con Stefano, il proprietario, che mi fa sapere già qualche dettaglio succulento sulla moto, e che è di prossima uscita un servizio sul già citato giornale, addirittura in copertina.


Giustamente aspettiamo che esca il servizio prima di rivederci e fare due foto ("fare due foto" è l'espressione che uso per accalappiare gli ignari che ancora non sanno quanto posso essere rompicoglioni).


Tra una cosa e l'altra, vale a dire fra il classico diluvio del finesettimana, impegni universitari (ahahha "impegni") e lavorativi (ahahaha "lavorativi"...ehm...no questo va bene), la cosa si rimanda fino ad un dolce sabato mattina, in cui mi rivedo con Stefano di fronte Marmorata.


Non abbiamo molto tempo, ma riusciamo a fare una scappata al Gasometro, che sta cominciando a starmi sulle palle, e Stefano mi racconta del mezzo.


"Volevo un mezzo unico, ma volevo la persona giusta per farlo", racconta, "così ho fatto una ricerca: quando ho visto i suoi lavori, ho capito che questa persona era Boccin". Stefano parte quindi per Eraclea, il quartier generale di uno dei migliori costruttori in Italia ed in Europa.



Con Boccin si mettono d'accordo per un mezzo che strizza l'occhio alla vecchia scuola, senza tralasciare però quei dettagli moderni in grado di rendere un ferro di questo tipo un po' più affidabile, soprattutto per la realtà urbana di Roma.


La domanda sorge spontanea, per quanto sia vetusta e fin troppo sentita: "Come ti trovi a guidarla?". Stefano mi dà le chiavi e mi fa "Provala". Wo. Sono commosso, e riconoscente, e soprattutto deciso a non lanciarla contro un muro (cosa che mi conosce saprà essere già successa). La condizione è però accenderla a pedale, altrimenti non vale.


Stefano mi fa vedere dove sono i pulsanti per la decompressione; giro le chiavi e trovo il pms, dopodiché mi lancio a corpo morto sul pedale: si accende! Ok ok, non è un Pan del '49 trovato in un fienile, ho avuto anche l'aiutino, ma è pur sempre un 1600 della S&S, e la cosa mi fa aggallare per un breve attimo.


La provo sotto il gasometro, abbastanza per capire che il motore è un treno, che il telaio non è così male come possa sembrare, e che non credo metterei una springer per le prestazioni. Ma che bomba. L'ho già detto?


Il telaio è un wishbone replica, pescato da qualche parte in Olanda dall'esperto Boccin, riproduzione pressoché identica degli originali che accompagnavano i Pan dal '48 al '54. L'elemento però che in assoluto più cattura l'attenzione è il motore, completamente nero: non si vede spesso, e ci vuole un certo qual occhio lungo a verniciare così uno dei motori più iconici mai prodotti. Fa onore alle qualità e alla visione di Boccin, e all'intuito di Stefano, a volere una moto che non aveva nessuno. E se devo essere sincero, è forse il particolare che più mi ha catturato del mezzo.


L'unico particolare di un certo colore è il filtro aria che campeggia sul carburatore S&S: viene realizzato in ottone da uno specialista belga, artigiano che Stefano scopre sul web, e delle cui opere si innamora subito.


Tutto il resto viene fatto a mano o modificato su misura dal maestro veneto, che nel giro di qualche mese consegna a Stefano un piccolo capolavoro su due ruote, e la copertina di Lowride non fa che mettere la ciliegina sulla proverbiale torta (una di quelle belle cheesecake all'americana).


"Ho guidato Harley per anni, l'ultima una Street Glide", ci dice Stefano. "Niente di male in quelle moto, ma dopo tanti anni volevo una dream bike, la mia moto dei sogni: gente mi ha anche offerto parecchi soldi per comprarla, ma penso me la terrò per un po'", conclude. Ottima pensata, soprattutto per la quantità di karma e mistero che avvolge la moto, e la figura di Stefano.


Regista di spettacoli teatrali di magia ed illusionismo, è lui a muovere e dirigere quelle esibizioni che sfidano la nostra comprensione e rapiscono la nostra immaginazione. E parte di quell'illusionismo permea anche la vita di Stefano: "La moto si chiama Shade, penombra, non solo perché è nera, ma perché richiama un po' un'aria di mistero". E, cosa particolare, la S sembra essere un'altra costante del mondo di Stefano.


"In famiglia ci chiamiamo tutti con la S, anche la mia compagna, persino il mio cane...era solo naturale che la mia moto si chiamasse Shade". La S, simbolo di diversione, deviazione: non solo dalla strada più sicura e già conosciuta, ma anche - perché no? - deviazione dal solito, dal già visto, verso un mondo di illusione e penombra.


E la picca sul serbatoio, kustomizzata a modo suo, che richiama i trucchi delle carte - tra i primi che un buon illusionista impara - è l'omaggio di Stefano a questo mondo di magia, trasportato nel mondo delle moto.


Con gratitudine allora me ne vado dall'incontro con Stefano, non solo perché mi ha fatto provare la sua bestia di moto. Ho la fortuna di sentire tante storie, sono una delle cose che mi appassiona di più: e quelle di Stefano rappresentano un'altra, spettacolare deviazione.


Kawabonga!

✠ ✠ ✠

*Per finire, una nota su Lowride.


You were supposed to fight the baggers, not join them!

Dovete sapere che qui scherziamo, anche e soprattutto quando sappiamo di non essere divertenti. 
Pressoché sempre quindi; ma il punto è che nonostante Lowride ormai non faccia più molti servizi sulle moto che ci han fatto innamorare (quelle non brutte, per capirci), è quasi superfluo dire che se non ci fosse stato un giornale del genere a traviare la nostra adolescenza, non saremmo qui ora, otto anni dopo, a scrivere di questi mezzi.

Congratulazioni dunque, per quanto possano valere, a Lowride e Giuseppe Roncen, per i 100 numeri raggiunti quest'anno! Qui sotto, una pagina che strappai da un numero di qualche anno fa, una foto di Gabe Griffin in sella al suo panhead Hang'em High: questa foto mi fece capire parecchie cose. 


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